STANNO TUTTI MALE

mercoledì 6 febbraio 2019 | 21:00
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Teatro Pietro Aretino – Arezzo

STANNO TUTTI MALE

uno spettacolo di e con
Riccardo Goretti, Stefano Cenci e Colapesce

direttore dell’allestimento Roberto Innocenti
assistente all’allestimento Giulia Giardi
cura della produzione Camilla Borraccino
ufficio stampa Cristina Roncucci
foto e videodocumentazione Ivan D’Alì
progetto grafico e editing Francesco Marini
immagine del manifesto di Nova

direttore di scena/macchinista Marco Mencacci
audio/luci Francesco Baldi
soluzioni sceniche Rocco Berlinigeri

produzione Teatro Metastasio di Prato e laCoz

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* * *

“Mal di testa per cui hai provato di tutto:
gli infusi, gli amori casuali e la skunk…
e ti sei messa anche a pregare.”
[Colapesce – Quando tutto divento blu]

“Sto male.”
Può voler significare “sto davvero male”, un dolore fisico persistente che non passa, un problema reale, o anche un disagio mentale, un attacco di panico, altrettanto reale.
Può voler significare “non mi sento al 100%”, ma neanche al 50, ma a volte neanche al 10. Può voler significare “ho mangiato troppo”, “ho bevuto troppo”, “ho dormito troppo”… oppure anche troppo poco. Addirittura può voler significare “questa cosa mi fa davvero ridere”. Pensate voi.
È per questo che questa frase la usiamo talmente tanto, che non significa più nulla.
Viviamo in un mondo schizofrenico dove se non soffri, se non stai male, vuole dire che non ti impegni, che non sei impegnato, che non stai dando il massimo, che non sei sceso nel profondo, che non c’è il sacrificio (ah, bel retaggio culturale questo) e allo stesso tempo dove bisogna obbligatoriamente trovare la forma per essere al passo coi tempi, aggiornati su tutto, pronti a sfoggiare ironia e sarcasmo, gridare da finestre – spesso chiuse – “io esisto.” La forma della sofferenza è sempre condensata in un party continuo, un disimpegnato frullatore di tutti e tutto, in cui stiamo tutti a fotografare i nostri sorrisi, le nostre gite, le nostre pietanze, i nostri piedi, le nostre prove, i nostri successi, e non riusciamo proprio più a definire, in questo zapping intimo e personale, se stiamo bene o stiamo male.
Ci sono domande importanti dietro il piccolo spunto iniziale di questo lavoro: “La nostra società sta bene o sta male? E qual è il termine di paragone di questo stare bene o male? Quale è la scala del bene e del male? E i singoli individui stanno bene o male? È poi possibile che stiano bene gli individui di una società che sta male? E viceversa? E poi, in fondo, è mai stato diverso di così? L’essere umano ha mai trovato ha mai trovato pace in vita o è la vita stessa un continuo mutare e una declinazione ad altra vita, passando da continue morti, e per questo portatrice di sofferenza?” Ma a queste domande non ci interessa dare una risposta. Noi ci sentiamo più che altro dei ritrattisti, anzi forse caricaturisti, di interessa farne un affresco, dando voce a questo benedetto uomo contemporaneo, sentire in cosa crede, di cosa ha paura, cosa lo fa stare bene e cosa male e possibilmente riderne, riderne molto, smisuratamente. Perché c’è davvero bisogno per tutti – checché se ne dica – di ridere come bambini, anche senza motivo, di riderci addosso, perché alla fine si vede… stanno tutti male.

PERCHÉ STANNO TUTTI MALE?
Per chiarirci le idee, siamo andati nell’unico posto del mondo dove oramai si trovano le risposte: no, non in India. Su internet. Abbiamo lanciato un grande sondaggio, chiedendo ai nostri followers come, quanto, perché. Hanno risposto. Abbiamo ascoltato, filtrato, rimodellato, ricomposto. E poi abbiamo alzato il volume.
Diceva Voltaire “Tutto ciò che è troppo stupido per essere detto, viene cantato”. Infatti. Benvenuti dunque nel più tragicomico dei karaoke bar, dove potrete scoprire con noi, in poco più di un’ora, perché stanno tutti male.

Per la stesura del testo di questo spettacolo si è dunque proceduto, come è metodo per molti di noi artisti di questa scena del contemporaneo, e soprattutto come è metodo nella scrittura di Riccardo Goretti (prima con Gli Omini, poi in solitaria) a nutrirsi di una indagine collettiva. Indagine collettiva che sia la più ampia possibile, un attraversamento dell’intimo umano, in quel diario segreto ma pubblico, personale ma sprovvedutamente e narcisisticamente – spesso – esposto, che è la rete. Internet. I social. Dove tutto è buttato in piazza, in un flusso, dove si distingue a malapena il vero dal falso, spettacolo ininterrotto e quotidiano dove riversiamo (sì, anche noi) tutto quello che ci parte da dentro, che sia “alto” o importante, o futile e autoreferenziale.

Per la messa in scena, affidata invece al più delirante immaginario di Stefano Cenci (si pensi all’imponente “Del Bene, del Male” realizzato per E.R.T.), ci siamo basati sulle suggestioni che uscivano fuori dagli scritti che ci erano stati inviati – ed alle nostre esigenze performative. Il luogo del karaoke bar è venuto quasi da sé, quasi spontaneo. Il resto lo vivrete con noi sulle assi del palco.

Per le musiche, non ci poteva essere artista più appropriato di Colapesce, cantautore eclettico, malinconico e solare allo stesso tempo come la sua terra d’origine, con un grande senso dell’umorismo e una altrettanto grande voglia di mettersi in gioco (si vedano le sue numerose collaborazioni con altri artisti in branche lontanissime dalla sua sfera di competenza… ad esempio il fumetto “La Distanza” realizzato per BAO insieme ad Alessandro Baronciani).

“I bambini sono contenti perché i genitori non ci sono,
e loro possono mangiare i dolciumi.
Possono giocare con l’acqua in casa, con la palla in salotto
e portare tutti i giochi davanti alla tv.
Possono stare svegli fino a tardi
senza lavarsi i denti e i piedi
scrivere e disegnare sui muri
e domani niente scuola.
I ragazzi sono felici perché da soli possono mettere la musica a tutto volume
possono telefonare agli amici e incontrarsi di nascosto
darsi lunghi baci bagnati e frugarsi nei pantaloni
finché non inizia la partita
finché ci sono sigarette da spegnere
e lattine di birra nel frigo di mamma da svuotare.
Gli adulti stanno bene perché sono fuori a cena e non tornano presto
ognuno per sé, qualche giorno di libertà
a fare quelle cose che hanno visto nei film
ad amarsi come suggeriscono le canzoni alla radio.
Gli anziani fuggono dai loro dormitori,
non hanno più acciacchi da qualche ora e vorrebbero camminare
fino a non saper più tornare indietro
fino a non ricordarsi più chi sono
né da dove sono venuti.
Stanno tutti così bene, Stanno tutti davvero bene.
Gli uni senza gli altri. Senza occhi addosso, equilibristi senza rete.
Che se poi glielo chiedi si sentono soli.
E, d’improvviso, nuovamente, stanno tutti male.”

Stefano Cenci
Riccardo Goretti
Lorenzo Urciullo (in arte Colapesce)